BEP di Anma. La gestione del lavoratore con malattia psichiatrica e disagio psichico

disagio-psichico

La salute mentale è parte integrante della salute e del benessere.

Questa affermazione è evidente nella definizione di “salute” dell’OMS: “la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non semplice assenza di malattia o di infermità”.

Gruppo di Lavoro ANMA: L. Aversa, D. Ditaranto, R. Donghi
con la collaborazione del dott. G. Ferrari Presidente della Società Italiana di Psicoterapia Integrata per lo Sviluppo Sociale (SIPISS).

Deve pertanto fare riflettere l’art. 2, comma 1, lettera o) del D. Lgs 81/08 che, nel definire la “salute”, riprende pedissequamente la definizione dell’OMS: “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o di infermità”.
Peraltro nello stesso decreto l’art. 18, comma 4 dispone che il datore di lavoro, nell’affidare i compiti ai lavoratori, tenga “conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute…”, evidentemente anche mentale, mentre l’art. 41, comma 4 prevede che, nei casi ed alle condizioni previste dall’ordinamento, varie tipologie di sorveglianza sanitaria siano “altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti” e cioè di due comportamenti che possono essere determinati da alterazioni della salute mentale e che, a loro volta, la possono influenzare negativamente.

Il lavoro è parte integrante della salute mentale

È evidente la centralità del lavoro nella vita dell’uomo e la sua influenza positiva sulla salute.
In particolare attraverso il lavoro l’uomo non soddisfa soltanto i suoi bisogni materiali, ma anche altri più intimi e profondi che lo coinvolgono sia come individuo, sia come essere sociale. Infatti il lavoro è lo strumento attraverso il quale l’uomo, esprimendo ciò che può essere in quello che fa, tende alla soddisfazione del suo massimo bisogno che è quello di autorealizzarsi sia come individuo (bisogni di autostima e stima da parte degli altri), sia come essere sociale (bisogni di appartenenza, di accettazione, di partecipazione attiva allo sviluppo di un progetto comune, di contribuire al progresso sociale ed economico).

Possiamo quindi dire che il lavoro è basilare per la salute perché attraverso il lavoro l’uomo cerca di affermare la sua identità e ad esprimere il suo ruolo sociale, aspetti a loro volta determinanti per il raggiungimento ed il mantenimento di uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale.
Questo aspetto dobbiamo tenerlo ben in evidenza nella gestione delle psicopatologie non considerando automaticamente la malattia mentale sinonimo di disabilità anche perché l’efficacia delle attuali terapie permette, in molti casi, di contenere i sintomi e di poter vivere una vita pressoché normale anche dal punto di vista lavorativo al di fuori degli episodi di riacutizzazione, peraltro controllabili, legati all’andamento alternante di questi quadri patologici.

Il forte aumento dell’incidenza delle psicopatologie

Gli ultimi dati dell’OMS relativi ad un’analisi effettuata nel 2015 sulla diffusione nel mondo delle psicopatologie, evidenziano un forte aumento della loro incidenza nella popolazione mondiale specialmente per quanto riguarda la depressione, che interesserebbe ormai il 4,4% della popolazione mondiale, circa 322 milioni di individui, e i disturbi d’ansia che ne colpirebbero il 3,6% pari a circa 264 milioni di persone.
Dal “Piano d’azione per la salute mentale 2013 – 2020” dell’OMS emergono le varie implicazioni che si accompagnano a questo incremento:

  • Nelle persone affette da malattie mentali i tassi di disabilità e di mortalità sono notevolmente più elevati rispetto alla media. In particolare si mcjournal I anno 22 I n. 4-2017 11 stima che nel 2020 la depressione diventerà la seconda causa più importante di disabilità, mentre la depressione maggiore e la schizofrenia si associano ad una mortalità prematura maggiore del 40-60% rispetto al resto della popolazione a seguito di un suicidio, che si configura come la seconda causa di mortalità nei giovani su scala mondiale, o a causa dello sviluppo di patologie non adeguatamente curate;
  • Infatti le malattie mentali predispongono allo sviluppo di altre malattie quali il cancro, le malattie cardiovascolari e l’infezione da HIV/ AIDS, e sono a loro volta influenzati da queste;
  • L’impatto dei disturbi mentali a livello mondiale in termini di perdita della produzione economica è stato stimato in 16.300 miliardi di dollari tra il 2011 e il 2030; (1)
  • Anche se nel mondo vi è un grande divario da Paese a Paese tra il bisogno e l’offerta di cure, il quadro complessivo evidenzia una diffusa carenza di risorse disponibili per far fronte alla domanda di cura in materia di salute mentale.

“L’Atlante della Salute Mentale”, pubblicato dall’OMS nel 2011, precisa quest’ultimo aspetto: se il 76-85% delle persone con disturbi mentali gravi non riceve alcun tipo di trattamento nei Paesi a basso o medio reddito, questa percentuale resta comunque elevata anche nei Paesi ad alto reddito (35-50%); a livello mondiale la spesa media annua pro-capite per la salute mentale è inferiore ai 2$ e si arriva fino al limite minimo di 0,25 $ pro-capite nei Paesi a basso reddito.

 “L’espressione” delle psicopatologie

Un altro aspetto emergente riguarda “l’espressione” delle psicopatologie. Nonostante lo “stigma sociale” nei confronti di chi soffre di una psicopatologia continui ad essere presente in ogni parte del mondo, pur con delle differenze da Paese a Paese e da cultura a cultura, “…il disagio psichico è qualcosa di sempre più comune, di sempre più “esprimibile” all’interno delle società, non è più imbarazzante o fuori luogo soffrire di una patologia psichica. Gli ambienti di lavoro non fanno eccezione…». (2)

I riflessi sull’attività del medico competente

L’aumento delle psicopatologie e la loro maggiore “espressione” sta comportando per il medico competente (MC) un incremento dei casi di gestione di lavoratori con malattie mentali o con disagio psichico.
Si tratta di una gestione problematica, non solo per le difficoltà che s’incontrano nell’accertamento del giudizio d’idoneità, ma anche per le sue implicazioni “culturali” e “sociali”.
In genere non sono patologie correlabili all’esposizione professionale o che possono aggravarsi a causa di essa, ma che, tuttavia, possono associarsi a comportamenti che determinano situazioni di pericolo per il lavoratore, gli altri (i terzi), gli impianti e gli ambienti di lavoro.
È stato più volte sottolineato che oggi il MC si trova sempre più spesso a collaborare alla gestione del reinserimento nell’attività lavorativa di lavoratori che rientrano dopo politraumi o gravi patologie per lo più vascolari ed oncologiche.
Tuttavia, in genere, queste gestioni non pongono le stesse difficoltà di quella del lavoratore con malattia mentale o con disagio psichico a causa della carenza di modelli di riferimento e per le forti implicazioni anche emotive.
Le criticità per il MC sono molteplici:

  • La necessità d’acquisire competenze per la valutazione delle condizioni psichiche idonee allo svolgimento di una determinata mansione;
  • Il carattere di cronicità della malattia psichiatrica ed il suo andamento alternante tra fasi di compenso e di riacutizzazione;
  • Le difficoltà nel valutare le implicazioni che i “limiti psichici” (3) ed il “funzionamento psichico” (4) del lavoratore possono avere sulla “pericolosità” dei suoi comportamenti e quindi sull’accertamento dell’idoneità;
  • La presenza di lavoratori «rischiosi per gli altri» in quanto svolgono attività che hanno un impatto sulla salute o sulla sicurezza di altri individui, per i quali è necessario considerare nel giudizio d’idoneità l’estensione della tutela anche ai terzi;
  • L’alone di incomprensibilità o di perplessità con cui tuttora la malattia psichiatrica viene frequentemente percepita anche da parte di un management “evoluto”;
  • La necessità di mediare/sensibilizzare per cercare di fare assumere al management un atteggiamento equilibrato nella gestione del lavoratore con malattia mentale;
  • L’impatto emotivo provocato nei colleghi dalle psicopatologie, ancora oggi spesso sperimentate come qualcosa di incomprensibile, che spaventa e che, conseguentemente, suscita reazioni di evitamento ed emarginazione;
  • Il riscontro che il lavoratore non sempre trova un livello di supporto adeguato alle sue necessità nella famiglia, nel medico di medicina generale, nei servizi di assistenza sociale.
  • La carenza delle strutture pubbliche di assistenza sociale e sul territorio per cui le famiglie sono generalmente “sole” nella faticosa gestione di una persona malata cronica, spesso inconsapevole della propria condizione e con manifestazioni cliniche alternanti, ma continue;
  • Le carenze delle strutture pubbliche sono anche alla base della “solitudine” delle imprese che vogliono gestire positivamente il caso.

Pertanto si tratta di un quadro complesso nel quale il MC svolge un ruolo delicato e di riferimento naturale ed appropriato.
L’obiettivo di questa «migliore pratica operativa» (BEP: Best Experience Practice) è fornire al MC delle indicazioni operative per gestire i vari aspetti che deve affrontare dal momento in cui viene in contatto con un lavoratore affetto da una malattia mentale o da un disagio psichico.

PRECISAZIONE DEGLI AUTORI

Nella BEP con il termine “malato” si indica la persona colpita da malattia mentale e/o disagio psichico.
In particolare il campo d’applicazione della BEP riguarda le seguenti patologie psichiatriche che riconoscono un’origine organica o dovuta ad alterazioni dello sviluppo della personalità:

  • Schizofrenia e disturbi psicotici
  • Disturbi dell’umore: disturbi bipolari e disturbi depressivi
  • Disturbi d’ansia
  • Disturbi ossessivo – compulsivi.

Non sono pertanto oggetto di questa BEP le “malattie psichiche e psicosomatiche da disfunzioni dell’organizzazione del lavoro”, le cosiddette “costrittività organizzative”, come il “disturbo dell’adattamento cronico” ed il “disturbo post-traumatico da stress”.
Si ricorda che queste malattie sono ricomprese nell’elenco delle malattie per le quali vige per il medico l’obbligo di denuncia (DM 27 aprile 2004 e s.m.i.), ma non nella tabella delle malattie assicurate dall’INAIL (DM 9 aprile 2008).

Scarica la BEP sul numero 4/2017 del MC Journal.