sorveglianza sanitaria per lavori in quota?

Domanda:

buongiorno, sono un RSPP in diverse aziende e ho letto l'articolo pubblicato da alcuni di voi nell'ultimo numero della rivista Ambiente & Sicurezza (n° 6 - giugno 2017 - pag.30 e sgg.), riguardante la sorveglianza sanitaria per i lavoratori che svologno lavori in quota. La mia domanda è molto semplice: precisamente, in base a quale articolo di legge sostenete che è obbligatoria la sorveglianza sanitaria per questo tipo di lavori? Per quanto ne so, non conosco nessun articolo di legge che lo preveda in maniera inequivocabile. Pongo ad esempio il caso di un lavoratore la cui mansione non preveda nessun altro tipo di rischio sanitario (es. movimentazione manuale di carichi, rumore, esposizione a sostanze chimiche, ecc...) ma la cui mansione prevede ad esempio la salita di ponteggi o l'uso di DPI anticaduta grazie della vostra risposta distinti saluti Riccardo Coletti

Risposta:

Il “Lavoro in quota” rappresenta una sfida per il Medico Competente e più in generale per il Sistema di Prevenzione Aziendale. Si tratta infatti di un rischio non normato (perché nelle diverse norme che regolamentano la sorveglianza sanitaria dei lavoratori non è previsto alcun obbligo all’esecuzione di controlli sanitari per i lavoratori addetti a lavori in quota, così come definiti dal Titolo IV capo II del D. Lgs 81/08); che esita in un infortunio e non in una malattia professionale; non è influenzato dai tempi di esposizione.

Il Lavoro in quota rappresenta quindi una condizione lavorativa per la quale non esiste (ancora) un articolato di legge che ne indica le modalità (e gli obblighi) di: valutazione – gestione – prevenzione  ma per la quale esistono sufficienti indicazioni epidemiologiche per sostenere il suo ruolo nell’insorgenza di danni alla salute.

I lavori in quota costituiscono infatti ad oggi la più importante fonte di rischio con esiti mortali ed invalidanti per i lavoratori, soprattutto nei cantieri edili ed in altre attività lavorative; la caduta dall’alto è spesso conseguenza di errore umano, anche del lavoratore, il cui stato o le intercorrenti condizioni di salute possono causare o concausare la caduta. L’idoneità psico-fisica del lavoratore rappresenta un elemento essenziale per garantire la sua piena capacità di saper gestire con competenza e professionalità tutti i sistemi di prevenzione e protezione contro la caduta dall’alto.

L’attuazione della  sorveglianza sanitaria mirata per i lavoratori che svolgono operazioni in altezza trova piena giustificazione se si considera che il lavoro in quota, indipendentemente dal contesto in cui viene eseguito, ha tali peculiarità di rischio, nonché gravità di danni potenzialmente derivanti che essa può, a ben diritto, essere ritenuta misura di tutela della sicurezza dei lavoratori, rientrando, dunque, tra gli obblighi del datore di lavoro, che, secondo l’art.18, comma c) del  D.Lgs.81/08, “nell’affidare i compiti ai lavoratori deve tener conto delle loro capacità e condizioni in rapporto alla loro salute e sicurezza”.

Infine, laddove la norma si fa carente, prevale l’”Autorevole Dottrina”: “La sorveglianza sanitaria per un rischio non normato è legittima e giustificata  purchè il rischio stesso sia inserito e valutato nel documento di valutazione del rischio. Il protocollo sanitario deve essere coerente con l’entità del rischio stesso”.  Michele Di Lecce, già Procuratore Generale della Repubblica in Genova – Corso di aggiornamento ECM -  ANMA – Genova  maggio 2013

 

Marco Saettone -  Consigliere Nazionale ANMA